
OLTRE GLI STRAORDINARI
Perché settimana corta e smart working
sono il futuro del lavoro
Oltre gli straordinari: perché settimana corta e smart working funzionano davvero
Oltre gli straordinari: perché settimana corta e smart working funzionano davvero
Negli ultimi anni è diventato sempre più evidente che il valore del lavoro non si misura in ore, ma in impatto. L’idea che la produttività cresca proporzionalmente al tempo trascorso in ufficio è un retaggio del passato che oggi mostra tutti i suoi limiti.
Al contrario, si stanno affermando modelli più intelligenti, più umani, più sostenibili — come la settimana corta e il lavoro agile — che dimostrano, con dati alla mano, che lavorare meno può significare produrre di più, con effetti positivi su benessere, performance e sostenibilità.
In un mondo che cambia rapidamente, non è più tempo di rincorrere l’orologio. È tempo di rivedere le regole, di immaginare un lavoro nuovo, costruito sulla qualità, non sulla quantità.
Gli straordinari: una falsa promessa
Per decenni, fare straordinari è stato interpretato come un segno di dedizione. Ma oggi sappiamo che lavorare oltre misura non solo non porta benefici reali, ma può causare danni profondi, alla salute e alla produttività.
Secondo un’indagine congiunta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, superare le 55 ore di lavoro settimanali aumenta in modo significativo il rischio di malattie cardiovascolari, ictus e burnout. E non si tratta solo di un problema sanitario: lavorare troppo spesso significa lavorare peggio. Stress, affaticamento e calo della lucidità mentale compromettono la qualità delle decisioni, rallentano i processi e peggiorano l’equilibrio tra vita privata e lavoro.
In altre parole, non è il tempo in più a generare valore, ma la capacità di usarlo in modo consapevole. Spesso, dietro un’agenda fitta si nasconde una cultura dell’urgenza che premia la quantità, non l’efficacia.
La settimana corta: meno ore, più risultati
Nel panorama globale, cresce il numero di aziende che stanno sperimentando — e adottando in modo stabile — la settimana lavorativa di quattro giorni, senza riduzione di stipendio. I risultati sono sorprendenti e, soprattutto, coerenti:
• Microsoft Giappone ha registrato un aumento della produttività del 40% e una sensibile riduzione dei costi operativi durante il periodo di sperimentazione.
• In Islanda, una sperimentazione condotta tra il 2015 e il 2019 su migliaia di lavoratori ha evidenziato una riduzione dello stress, un miglioramento della soddisfazione personale e un mantenimento — se non un incremento — della produttività. Oggi, l’86% della forza lavoro islandese ha accesso a un orario ridotto su base permanente.
• Nel Regno Unito, un programma pilota del 2022 ha coinvolto 73 aziende: l’86% di queste ha scelto di proseguire con la settimana corta anche dopo la fine del test, grazie ai benefici tangibili ottenuti in termini di efficienza e benessere.
Queste esperienze confermano una verità semplice ma spesso ignorata: lavorare meglio è possibile, a patto di eliminare attività inutili, semplificare i processi e dare fiducia alle persone.
Smart working: libertà, fiducia e talento diffuso
Parallelamente, il lavoro agile — meglio noto come smart working — sta contribuendo a trasformare il concetto stesso di organizzazione del lavoro. In Italia, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2023 oltre 5 milioni di lavoratori hanno beneficiato di almeno una forma di lavoro agile, soprattutto all’interno delle grandi imprese.
I numeri parlano chiaro:
• +15% di produttività,
• -20% di assenteismo,
• 1.300 euro risparmiati ogni anno per ciascun lavoratore grazie alla riduzione degli spostamenti.
Ma il vantaggio più strategico va oltre l’efficienza. Il lavoro agile libera il potenziale dei talenti ovunque essi siano. Le aziende non sono più vincolate alla prossimità geografica per attrarre le competenze di cui hanno bisogno. Possono costruire team diversificati, inclusivi, competitivi, scegliendo le persone migliori in base al merito, e non alla distanza dal luogo di lavoro.
È un cambio di paradigma che risponde alle sfide di un mercato del lavoro sempre più fluido, internazionale e digitale.
Conclusione: il coraggio di evolvere
La direzione è tracciata. I modelli organizzativi basati su lunghi orari e straordinari cronici appartengono a un’altra epoca, e non reggono più il confronto con le esigenze del presente. In un contesto globale dove competitività, innovazione e benessere sono strettamente connessi, ripensare il lavoro non è un’opzione, ma una necessità.
La settimana corta e il lavoro agile non sono utopie: sono scelte coraggiose ma concrete, sostenute da dati, esperienze e risultati. Sono l’espressione di un nuovo patto tra aziende e persone, fondato su fiducia, autonomia e responsabilità.
In fondo, la vera rivoluzione non è lavorare di più. È imparare a lavorare meglio.